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VIA TARQUINIO PRISCO
Michele Cosentino, a Roma da tre anni per un lavoro poco gratificante nel campo dell’editoria, è il giovane protagonista di questo romanzo: siciliano, carattere introverso, è incapace di inserirsi nel nuovo ambiente sociale e di evolvere la parte profonda della sua esistenza, vittima di una sorta di paralisi psicologica e morale. Incontra casualmente Giovanni Sardo, suo ex professore di liceo, che lo ospita nella sua casa di via Tarquinio Prisco: ancora di più emerge in lui una sorta di isolamento, di “male di vivere”, poiché sia gli amici, sia Sardo pensano solo ad andare in giro per locali e ad abbordare donne, inseguono il divertimento e il piacere come ideale di vita, l’obbligo di essere felici, accoppiarsi, scatenarsi. Tutto ciò appare a Michele una triste e vuota realtà dove ciò che domina è l’incapacità di raggiungere un genuino piacere finale nella vita, in cui non si diventa felici, ma solo appagati, soddisfatti, sazi. Può essere, allora, l’astinenza una possibile soluzione? Può il disgusto e la negazione degli impulsi, degli istinti trovare una corrispondenza sana all’esterno, interfacciarsi in una modalità relazionale costruttiva? Le vicende nelle quali Michele è coinvolto aprono e sviluppano scenari appassionati e dolenti in cui il lettore è libero di comprendere ed elaborare la complessità di un combattimento interiore dai significati incerti.
Il romanzo di Mauro Tomassoli ci porta con sapienza nella dimensione interiore delle pulsioni e di un certo disagio inconscio ed esistenziale, ed esprime il dramma dell’uomo moderno, aggravato dallo squilibrio fra la rapidità impressionante del progresso che bombarda di novità ed impone ritmi e modelli, e la persistenza di dilemmi ontologici che l’evoluzione della scienza e della tecnica non risolve, ma rende ancora più laceranti.