IL DISCORSO DEL CAPITANO
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“Si parte tra i puntini, anzi, tra le puntine, si arriva tra le stelle, lì dove fu calciato quel giorno l’ultimo pallone di Francesco Totti. E in mezzo c’è il discorso del capitano che è una sorta di dichiarazione dei diritti dell’uomo, la proclamazione d’indipendenza del mondo, la magna carta di Roma, la letterina di Natale del figlio più amato, ma scritta a maggio e valida per tutta la vita.
Il romanzo di Manfridi riconosce un posto nella letteratura al discorso di Totti, che quel giorno è stato più Totti che mai, senza aver segnato, senza aver inciso, se non per il fatto di essere in campo in quei minuti finali di una partita che ci ha spaventato e poi fatto esultare e poi ridere e poi piangere come se fosse la summa di tutte le partite del mondo.”
Dalla prefazione di Daniele Lo Monaco
SKU: | 978-88-99514-71-6 |
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Category: | Teatro |
Anno | 2018 |
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Autore | |
Formato |
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Cvijeta Zuzorić (quasi una fantasia)
Nel dramma di Matko Srsen il vuoto, l’atto della lettura impossibile di qualcosa scritto da Cvijeta, incontra l’ipotesi di una scrittura possibile di Cvijeta, indicatori che favoriscono l’attivazione della reazione libro/lettore diventando indispensabili per l’incontra. E l’incontro fra Mara e Cviieta, nell’opera di Srsen, avviene nell’altro mondo, in una sala che rieccheggia di vuoto della villa Gozze di Trsteno. Il vuoto di Srsen è contrapposto ai dialoghi di Gozze in cui le due amiche filosofavano presso un ruscelletto, tra profumi della natura che facevano da cornice naturale a ‘due fiori’ del gentil sesso. Nella visio drammaturgica di Srsen le due amiche non sono più creature ospitate da un giardino che partecipano al fluire misterioso della vita, bensì due entità puramente spirituali, svuotate dal loro essere fisico, che dialogano su quanto nella loro vita reale, e nella storia in cui si inscrivono le loro biografie, è rimasto sottaciuto, colmabile unicamente con l’immaginazione artistica.
Come un’avversaria furiosa, giunta alla resa dei conti all’inferno, Mara conduce Cvijeta a dialogare sul non detto, rivela a Cvijeta l’enigma del suoi scritti ragusei e del manoscritto Orfeo, un dramma che essa brucia nella vita ultraterrena come avrebbe fatto in quella terrena, avvelena sé e l’amica con la cena, e loro muoiono intonando un madrigale e tenendosi per mano, per rimanere immortalate nel loro amore per un’altra volta ancora. Così anche la morte fisica trova il suo doppio, nella morte metafisica, in uno stesso spazio che è quello dell’Incontro nel Canto in cui si fondono la natura e l’anima delle due donne-entità.Suzana Glavas
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Passio
PASSIO è una sacra rappresentazione, rifacimento di Mistero su modelli di devozione popolare di ispirazione vagamente medioevale. Essa accoglie nel suo seno vari frammenti ed atmosfere tratte dal patrimonio delle tradizioni e dell’espressività popolare intorno ai riti penitenziali della Settimana Santa, dai contrasti alle danze macabre dei “Trionfi della Morte”, dai canti processionali alle azioni drammatiche intorno al processo a Cristo ed alla Via Crucis.
PASSIO è una sorta di viaggio nella memoria devozionale di un Popolo che, celebrando la passione e la morte della Verità Incarnata, del “Dio che si fa uomo” per salvare quest’ultimo dall’antica colpa del peccato originale, riesce, con la pietà che gli è propria, a commuoversi e a partecipare emotivamente, fino a fare proprio il dramma ed il dolore della Madre di fronte allo scempio del Figlio, di fronte allo strazio della “carne delle proprie carni”. Vivendo la rievocazione dell’evento e partecipando a questa “comunione di dolore”, si celebra così un vero e proprio rito di penitenza.
Volutamente si è cercato di utilizzare una lingua inventata, una sorta di “calabrese epico”, un linguaggio cioè che non appartiene a nessun luogo in particolare, in quanto solo un linguaggio che travalica gli angusti confini dello spazio può essere adeguato per celebrare un Mistero che va al di là del tempo.
Proprio per tutto questo, al di là dell’aspetto della mera spettacolarità, PASSIO vuole porsi come profondo momento di riflessione, penitenza e preghiera. -
DON PASQUALE (commedia in un atto)
Ristampa in italiano e francese della commedia “Falsi e sciocchi pregiudizi”.
Questa piccola commedia di un atto è nata in occasione delle recite dell’anno scolastico tenute dagli alunni della classe III sez. B del Liceo Classico di Cassano All’Jonio. Il risultato ottenuto propone lo squarcio di uno spaccato di mondo paesano con i morsi della disoccupazione, dell’emigrazione, dei beceri pregiudizi razziali, del contrasto tra mondo giovanile e radicate convinzioni degli adulti, del tenace attaccamento alla “roba” del rozzo “massaro”. -
IO, CATERINA SFORZA
Sono allievo di cinema di Silvano Agosti.
I tarocchi me li ha insegnati Jodorowsky.
Ho realizzato due cortometraggi “importanti”: Buio Omega 2 (menzione speciale al festival di Bellaria) e “It’s a Blue blue day”. Ho scritto la sceneggiatura di “Giravolte” di Carola Spadoni. Il film è stato proiettato a Torino, a Chicago, in Egitto, alla Berlinale. Ho collaborato anche al film “Il killer evanescente” di Paolo Doppieri.
Ho realizzato la prima parte de “La clinica dei sogni”, che è stata presentata al Roma film festival. -
VINO DIVINO
(Ovvero la vera istoria del santo bevitore)Diplomatosi presso il “Centro di avviamento all’espressione” diretto da Orazio Costa a Firenze dove apprende il metodo mimico, segue i corsi del Laboratorio Nove sempre a Firenze, prosegue gli studi presso il Centro di Sperimentazione di Pontedera. Nel 1991 fonda la Compagnia Occupazioni Farsesche e si occupa della conduzione dei teatri di Scandicci, Pieve Santo Stefano, e Barberino del Mugello. Partecipa al primo allestimento del “Sogno di una notte di mezz’estate” per la regia di Glauco Mauri. Nel 1992 lavora con la Compagnia dell’Uovo di L’Aquila. Nel 1995 collabora con l’Università di Cincinnaty per la quale realizza lo spettacolo “Festino del Martedì Grasso” di cui è autore ed interprete sotto la regia di Malcom Fraser. Nel 1996 fonda, con Maurizio Annesi e Cristina Caldani, il Teatro San Leonardo di Viterbo con il quale partecipa alla realizzazione di numerosi spettacoli tra i quali “Harry’s Light” di cui è autore e regista, “Bella e la bestia” di cui è autore, si occupa della regia degli spettacoli “Remember my rame is Will” dai sonetti di Shakespeare, “La purga di Bebè” di Feydeau. Nel 1997 partecipa allo spettacolo “L’avaro di Plauto” di Lerici. Nel 2000 è protagonista dello spettacolo “L’asino d’oro” da Apuleio a fianco di Orso Maria Guerrini. Nel 2002 è Mercurio nello spettacolo Anfitrione di Plauto con Stefano Masciarelli. Nel 2003 lavora a diversi spettacoli tra i quali, “Morte di Galeazzo Ciano” di Enzo Siciliano, “La Tempesta” di Shakespeare, “Trapped” di Piermaria Cecchini. Da tre amni dirige il laboratorio permanente “Lo spettacolo possibile” a Viterbo.
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LA MATASSA E LA ROSA
Il nazismo fece scempio di tanti Uomini e Donne di Fede, ma non riuscì ad oscurare, a distruggere i loro alti valori religiosi e morali. Ciò che è più interessante, non è certo stabilire la superiorità di una dottrina rispetto ad un’altra, bensì poter riflettere e partecipare ad uno scontro dialettico e costruttivo su percorsi diversi per raggiungere la Luce, ma opposti alla logica del buio, del potere, della violenza e della morte che sono state proprie del nazismo.
Lo spettacolo è un oratorio dedicato alla vita, alla fede, al martirio di Edith Stein: ebrea di nascita, convertita al cattolicesimo, allieva e poi assistente di Husserl, carmelitana, fu deportata ed entrò nella camera a gas del lager di Auschwitz nel 1942. Prima di esservi tradotta, Edith Stein fu ospite per pochi giorni nel campo di smistamento di Westerbork, in Olanda. Nello stesso periodo, per circa un anno, vi fu costretta anche Etty Hillesum, giovane scrittrice ebrea. Pare che le due si siano veramente incontrate nell’agosto del 1942 (pochi giorni prima della deportazione ed uccisione di Edith Stein) ma cosa si siano dette nessuno lo sa.
Ecco, proviamo ad immaginare di essere per un’ora in prigionia con loro e di poterle ascoltare mentre parlano sottovoce.
Testimonianza della loro luminosa esistenza, che durante il tenebroso evento del nazifascismo, ha liberato lo spirito che in loro gemeva e cantato un canto nuovo alla fede, alla vita, a dio. -
PROTAGONISTE (tre atti unici)
In questo libro in tre atti l’autrice dà prova della propria fantastica creatività, la quale ha il pregio di dare alla fantasia i colori della realtà e viceversa e di essere al tempo stesso storia e confessione. La doppia consistenza di questa materia, ha trovato una precisa collocazione nelle tre opere: Marina e l ’altro; una tavolozza rosso sangue e la Viola di Prato. Sulla scena ad interpretare Marina e l’altro e la Viola di Prato Pamela Villoresi mentre Elisabetta Pozzi ha dato vita alle tre protagoniste di Una tavolozza rosso sangue.
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CHEZ SERAFINA
Contessa di CagliostroParigi. Fine settecento. Mancano pochissimi anni alla Rivoluzione Francese. Un salotto: una singolare padrona di casa e un gruppo di ospiti altrettanto particolari:
siamo al volgere del razionalismo secolo dei Lumi, Serafina, emulando il marito, il famoso Conte di Cagliostro, ha fondato una “sua” loggia massonica femminile di rito egizio. Le fa da aiutante e cerimoniere un personaggio inquietante, ironico e malinconico, nè uomo nè donna ma forse sintesi di entrambi i sessi, che accoglie le visitatrici e le aiuta nel viaggio di iniziazione…