IL PELLEGRINO
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-“Il Pellegrino” è senza dubbio il testo emblematico (ed estremo) di una drammaturgia che, dopo di esso, già ha iniziato ad avere prosecuzione, e non solo per mano del suo stesso autore- (Giuseppe Manfridi)
-Siamo a Roma, ai primi dell’Ottocento. E’ passata la ventata napoleonica, e a Roma “ erano tornati li tempi antichi, e senza stà a fà tanti discorsi, campaveno bene solo li preti e li nobili parenti” e il popolo doveva arrangiarsi.-(Marcello Teodonio).
-Questo lavoro che racconta dell’amicizia tra un cocchiere e un contino milanese, che gli viene affidato, nella Roma pericolosa della restaurazione papalina di Pio VII , un’amicizia che andrà a finire nei guai, potrei definirlo azzardando una delle forme più vere e sincere di fare teatro- (Massimo Wertmuller).
SKU: | 979-12-80419-43-9 |
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Category: | Teatro |
Autore | |
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Anno | 2023 |
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MARLENE
Nel nome della protagonista – Maria Magdalena – é già segnato il percorso umano e artistico che per decenni e fino ai nostri giorni, ha sollecitato l’immaginario collettivo, consegnando al mondo l’icona di una bellezza prima ferocemente costruita e poi tenacemente mantenuta fino all’inevitabile declino.
Di questa discesa il testo di Manfridi é testimonianza. Marlene é una “via crucis” dolorosa, che parallelamente all’alimentarsi del mito fa sprofondare la protagonista nelle pieghe più “umanamente degradate”: i rapporti con gi uomini, gli innumerevoli amanti, un marito che rimane sempre sullo sfondo, una figlia che si occupa di lei fino alla fine ma con cui ha un legame difficile.
Sullo sfondo si muove la Storia che cambierà l’ordine naturale delle cose: Marlene l’attraversa cercando comunque di proteggere il suo mito, essendo la prima icona moderna consegnata alla nostra inesauribile e insaziabile voglia di eterna bellezza attraverso le luci e le ombre create dal suo “mefistofelico” amante e mentore Joseph Von Sternberg.
Marlene come una riflessione sulla necessità di creare “miti” ma anche, soprattutto, la storia di una donna fragile/indistruttibie, sezionata nei suoi affetti, nei suoi rapporti, che impietosamente si mostra nella sua temibile alterità fino alla consegna finale attraverso uno struggente e infinito piano sequenza diretto dal suo maestro di sempre.
Un testo, questo di Manfridi, nella grande tradizione nordica che comincia con August Strindberg canta fino a Ingmar Bergmar.
Le canzoni saranno il filo rosso di questo spettacolo, per ricomporre pienamente il quadro di un’epoca fortemente dolorosa, segnata dalla guerra da cui disperatamente si cercava una via di uscita.
La scena è uno spazio mentale della memoria dove la protagonista ritrova le figure più importanti della sua vita in una “danza di morte” di strindberghiana memoria.Maurizio Panici
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L’ARGOT… NOSTRO CONTEMPORANEO
Sono ormai diversi anni che mi occupo principalmente di drammaturgia contemporanea ed in particolare di quella italiana. Ho visto crescere decine di autori, oggi più o meno affermati, ma certamente “autori”; con loro ho stabilito rapporti di lavoro e più spesso questi rapporti si sono trasformati in amicizia. Scegliere di lavorare in particolare con i “giovani” ha significato in qualche caso crescere insieme. I rapporti sono a volte conflittuali ma sempre e comunque il confronto con l’autore è risultato molto fecondo. La possibilità di confrontarsi con più autori ha dato vita alla creazione di un vero e proprio laboratorio, “factory” come la definiscono gli anglosassoni, in continuo movimento ed alla ricerca di nuove forme espressive di scrittura e di un linguaggio comprensibile per il pubblico del nostro tempo. Un luogo dove gli autori, i registi, gli attori potessero elaborare e condividere il primo momento del fare teatro che è la scrittura di un testo. (…) Credo molto in questo metodo di lavoro, nello scambio continuo di informazioni, nel rispetto dei ruoli e nella assoluta consapevolezza che ogni partecipante alla messa in scena deve essere coinvolto nell’allestimento in modo responsabile. Ritengo che questo “lavorare” intorno al testo sia uno degli ingredienti fondamentali per la riuscita degli spettacoli. L’augurio è che sempre più case-laboratorio nascano per permettere ai giovani autori e non solo, di fare pratica di palcoscenico, perchè è in questo modo che si costruisce una drammaturgia nazionale con una identità e una ricchezza assolutamente indispensabili oggi per un rinnovato rapporto con il pubblico.
Maurizio Panici
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CHEZ SERAFINA
Contessa di CagliostroParigi. Fine settecento. Mancano pochissimi anni alla Rivoluzione Francese. Un salotto: una singolare padrona di casa e un gruppo di ospiti altrettanto particolari:
siamo al volgere del razionalismo secolo dei Lumi, Serafina, emulando il marito, il famoso Conte di Cagliostro, ha fondato una “sua” loggia massonica femminile di rito egizio. Le fa da aiutante e cerimoniere un personaggio inquietante, ironico e malinconico, nè uomo nè donna ma forse sintesi di entrambi i sessi, che accoglie le visitatrici e le aiuta nel viaggio di iniziazione… -
VINO DIVINO
(Ovvero la vera istoria del santo bevitore)Diplomatosi presso il “Centro di avviamento all’espressione” diretto da Orazio Costa a Firenze dove apprende il metodo mimico, segue i corsi del Laboratorio Nove sempre a Firenze, prosegue gli studi presso il Centro di Sperimentazione di Pontedera. Nel 1991 fonda la Compagnia Occupazioni Farsesche e si occupa della conduzione dei teatri di Scandicci, Pieve Santo Stefano, e Barberino del Mugello. Partecipa al primo allestimento del “Sogno di una notte di mezz’estate” per la regia di Glauco Mauri. Nel 1992 lavora con la Compagnia dell’Uovo di L’Aquila. Nel 1995 collabora con l’Università di Cincinnaty per la quale realizza lo spettacolo “Festino del Martedì Grasso” di cui è autore ed interprete sotto la regia di Malcom Fraser. Nel 1996 fonda, con Maurizio Annesi e Cristina Caldani, il Teatro San Leonardo di Viterbo con il quale partecipa alla realizzazione di numerosi spettacoli tra i quali “Harry’s Light” di cui è autore e regista, “Bella e la bestia” di cui è autore, si occupa della regia degli spettacoli “Remember my rame is Will” dai sonetti di Shakespeare, “La purga di Bebè” di Feydeau. Nel 1997 partecipa allo spettacolo “L’avaro di Plauto” di Lerici. Nel 2000 è protagonista dello spettacolo “L’asino d’oro” da Apuleio a fianco di Orso Maria Guerrini. Nel 2002 è Mercurio nello spettacolo Anfitrione di Plauto con Stefano Masciarelli. Nel 2003 lavora a diversi spettacoli tra i quali, “Morte di Galeazzo Ciano” di Enzo Siciliano, “La Tempesta” di Shakespeare, “Trapped” di Piermaria Cecchini. Da tre amni dirige il laboratorio permanente “Lo spettacolo possibile” a Viterbo.
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Passio
PASSIO è una sacra rappresentazione, rifacimento di Mistero su modelli di devozione popolare di ispirazione vagamente medioevale. Essa accoglie nel suo seno vari frammenti ed atmosfere tratte dal patrimonio delle tradizioni e dell’espressività popolare intorno ai riti penitenziali della Settimana Santa, dai contrasti alle danze macabre dei “Trionfi della Morte”, dai canti processionali alle azioni drammatiche intorno al processo a Cristo ed alla Via Crucis.
PASSIO è una sorta di viaggio nella memoria devozionale di un Popolo che, celebrando la passione e la morte della Verità Incarnata, del “Dio che si fa uomo” per salvare quest’ultimo dall’antica colpa del peccato originale, riesce, con la pietà che gli è propria, a commuoversi e a partecipare emotivamente, fino a fare proprio il dramma ed il dolore della Madre di fronte allo scempio del Figlio, di fronte allo strazio della “carne delle proprie carni”. Vivendo la rievocazione dell’evento e partecipando a questa “comunione di dolore”, si celebra così un vero e proprio rito di penitenza.
Volutamente si è cercato di utilizzare una lingua inventata, una sorta di “calabrese epico”, un linguaggio cioè che non appartiene a nessun luogo in particolare, in quanto solo un linguaggio che travalica gli angusti confini dello spazio può essere adeguato per celebrare un Mistero che va al di là del tempo.
Proprio per tutto questo, al di là dell’aspetto della mera spettacolarità, PASSIO vuole porsi come profondo momento di riflessione, penitenza e preghiera. -
IL CURATO E IL PAGLIACCIO
“Io credo che la normalità sia il male e la follia sia il peggio. Io credo che il diritto di essere diverso sia anche il diritto di essere uguale”.
Queste le parole di Sandro Gindro, psicoanalista di formazione freudiana, compositore e drammaturgo, cui si deve l’autonomo percorso verso Psicoanalisi Contro nonché la fondazione dell’Istituto Psicoanalistico per le Ricerche Sociali.
Dalla drammaturgia emerge un unico personaggio: il curato che si dibatte tra le due sue anime: quella del prete e quella del pagliaccio.
La questione è credere o no nell’esistenza di Dio. Ma una volta ucciso il pagliaccio, l’unico che sapeva ringraziare e per il quale valeva la pena che fosse stato creato il sole, il mare, gli alberi, il solo che sapeva goderne, “che farà Dio ”, si chiede il prete.
Ammettendone così l’esistenza. Come pure la ammette il ragazzo non vedente, che ne canta una dimostrazione, ispirata alla prova ontologica di Sant’Anselmo da Aosta. -
Falsi e Sciocchi pregiudizi (commedia in un atto)
Questa piccola commedia di un atto è nata in occasione delle recite dell’anno scolastico tenute dagli alunni della classe III sez.B del Liceo Classico di Cassano All’Jonio. Il risultato ottenuto propone lo squarcio di uno spaccato di mondo paesano con i morsi della disoccupazione, dell’emigrazione, dei beceri pregiudizi razziali, del contrasto tra mondo giovanile e adicate convinzioni degli adulti, del tenace attaccamento alla “roba” del rozzo “massaro”.
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DON PASQUALE (commedia in un atto)
Ristampa in italiano e francese della commedia “Falsi e sciocchi pregiudizi”.
Questa piccola commedia di un atto è nata in occasione delle recite dell’anno scolastico tenute dagli alunni della classe III sez. B del Liceo Classico di Cassano All’Jonio. Il risultato ottenuto propone lo squarcio di uno spaccato di mondo paesano con i morsi della disoccupazione, dell’emigrazione, dei beceri pregiudizi razziali, del contrasto tra mondo giovanile e radicate convinzioni degli adulti, del tenace attaccamento alla “roba” del rozzo “massaro”.